Spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen (Museo MITI)

  Spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen.
Nell’inventario del 1912, a pag. 53, col n° 898 viene citato uno spettroscopio che potrebbe essere questo esemplare.
L’inventario D del 1937 al n° 342, lo dichiara già esistente.
Questo spettroscopio è riportato in diversi cataloghi della stessa epoca; da alcuni abbiamo tratto le relative figure che riportiamo qui di seguito.
Interessante è la scritta che appare a pag. 178 del Katalog über Apparate, Instrumente und Utensilien für den Physikalischen Unterricht Richard Müller-Uri Braunschweig 1909, poiché attribuisce il tipo di spettroscopio a Mousson. Catalogo rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52540.pdf
Le nostre ricerche portano ad Albert Mousson (1805-1890) fisico e malacologo svizzero che fra l’altro ha scritto: “Spectral-Apparat” su Ann. Phys. u. Chem, 112,428. Vedere la figura 6761.
Inoltre vi si dice che questo tipo di spettroscopio fu progettato per uso scolastico e questo è confermato dalla scritta che appare a pag. 344 del A Catalogue of Physical Instruments catalogue 17 L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912; rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catalogofphyinst00knotrich?q=Catalogue+of+Physical+Instruments .
Vedere figura 77-170.

Una ulteriore conferma si trova a pag. 508 del Price List No 50 Vols. II and III Physical Apparatus Vol II Max Khol A.G. Chemnitz [1909-11?], rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802605.us.archive.org/4/items/pricelistno5023kohlrich/pricelistno5023kohlrich.pdf .
Vedere figura 54097.
I primi studi sulla luce emessa dai gas ad alta temperatura si attribuiscono a T. Melvill, il quale espose alla fiamma diverse sostanze, ne collimò con un foro la luce emessa e la inviò verso un prisma ottenendo sullo schermo zone con colori diversi separate da zone scure, diversamente dallo spettro continuo ottenuto nel 1666 da I. Newton.
Ma la spettroscopia si diffonde dal 1802 con le prime osservazioni delle righe di assorbimento nello spettro solare, prodotto da un prisma, fatte con un cannocchiale acromatico da Wollaston.
La sua storia prosegue con Fraunhofer che, tra il 1814 e il 1815, fece uno studio sistematico delle righe di assorbimento nello spettro solare.
Nel 1827 G. Herschel osservò lo spettro di un sale metallico riscaldato su una fiamma.
Nel 1855 G. R. Kirchhoff e R. W. Bunsen proseguirono negli studi, già intrapresi da molti altri, degli spettri degli elementi opportunamente riscaldati, realizzando lo spettroscopio che porta i loro nomi.
Lo spettroscopio ha una grande importanza nella storia della fisica e della chimica, non solo per la sua potenza di indagine nella scoperta o nella determinazione degli elementi, tramite il riconoscimento o meno delle righe presenti negli spettri di emissione o di assorbimento, ma anche perché ha permesso di mostrare che gli stessi elementi sono presenti nel sole e nelle stelle lontane.
Ancor più importanti sono stati gli studi delle righe spettrali che hanno portato, attraverso percorsi tortuosi, ai modelli sulla costituzione dell`atomo. Vedi la figura qui sotto.

Lo spettro di emissione è continuo quando sono presenti senza discontinuità tutte le lunghezze d’onda; appare invece a righe quando è formato da radiazioni di particolari frequenze. In alto nella figura si vede lo spettro solare solcato dalle righe scure (linee di Fraunhofer) che costituiscono lo spettro di assorbimento dei gas più freddi che circondano il sole. Poi dall’alto verso il basso vi sono gli spettri discreti dell’idrogeno, dell’elio, del mercurio e dell’uranio.
Questi studi iniziarono nel 1885 con J. J. Balmer (che interpretò le misure delle lunghezze d’onda dello spettro dell’idrogeno eseguite nel 1835 da E. Hagenbach), per proseguire con J. R. Rydberg, nel 1896 con P. Zeeman e nel 1908 con W. Ritz e F. Paschen, per citarne alcuni, e costituirono i fondamenti della teoria di N. Bhor sull’atomo di idrogeno.
L’indagine sulle righe colorate somiglia a quella poliziesca sulle impronte digitali: ogni elemento ha le sue inconfondibili impronte.
Il trovare le stesse righe nella luce proveniente da una stella lontana ci permette di dire che l’Universo conosciuto è fatto degli stessi atomi di cui è fatta la Terra.
Osservando righe non ancora conosciute Bunsen isolò nel 1860 il cesio e il rubidio, Crookes scoprì il tallio nel 1861, Reich e Richter l’indio nel 1863, Lecocq il gallio, Ramsey e Rayleig nel 1894 l’argon e l’elio.
Molti altri si dedicarono alle osservazioni degli elementi nel sole e nelle stelle. Tra questi sono da ricordare Secchi e Donati che riconobbero negli spettri delle stelle l’esistenza di molti elementi noti.
Lo spettroscopio  è composto da tre cannocchiali e un prisma montati su una piattaforma metallica con colonna e base.
È noto che un prisma di vetro scompone la luce, passata attraverso una fenditura, nei colori che la formano.
Nel piattino al centro dello spettroscopio viene posto un prisma P di vetro flint ad elevato indice di rifrazione, con forte potere dispersivo.
La luce da analizzare passa per un collimatore A, contenente una fenditura regolabile e un piccolo prisma di rimando per lo spettro di confronto; il collimatore è fissato sulla piattaforma.
Le righe sono le immagini colorate della fenditura, disperse dal prisma.
Il cannocchiale B ha un obiettivo acromatico a lungo fuoco e un oculare spostabile a mano, con reticolo; esso può ruotare per un certo angolo, mantenendo l’asse rivolto verso il centro, ed esplorare tutto lo spettro visibile. Il portascala C, montato su un perno, si può spostare lungo il lembo del piatto e possiede tutti i movimenti occorrenti per la regolazione.
Bibliografia.
A. Funaro e R. Pitoni, Corso di Fisica e Chimica, R. Giusti, Livorno 1907-1909.
E. Perucca, Guida pratica per esperienze didattiche di fisica elementare, Zanichelli, Bologna 1937.
‘Notizie per i laboratori scientifici e industriali’ a cura delle Officine Galileo-Firenze, n° 65-66 del marzo-maggio 1932.
B. Dessau, Manuale di Fisica, Vol. II, S.E.L., Milano 1928.
A. Battelli e G. Cardani, Trattato di Fisica sperimentale, Vol. II, Vallardi, Milano1913 (per inciso A.
Occhialini, nella commemorazione di Battelli, ne Il Nuovo Cimento del 1917, cita un lavoro di A. Mousson).
O. Murani, Trattato elementare di Fisica, Vol. II, U. Hoepli, Milano 1931.
AA. VV. , The Project Physics Course, Unità 4 e 5, Zanichelli, Bologna 1977.
E. Hagenbach è citato da A. Kastler in: Questa strana materia, EST, A. Mondadori, Milano 1977.
L. Segalin, Fisica sperimentale, vol. II, G. B. Paravia & C., Torino 1933, da cui sono tratti: lo schema essenziale e la figura di uno spettroscopio.
M. J. Sienko, R. A. Plane, Chimica, Piccin, Padova 1962, da cui è tratta la figura con alcuni spettri di emissione e di assorbimento.
Il capitolo decimo “Spettroscopia”, interamente dedicato all’uso degli spettrografi e spettrometri, si trova in: M. Panitteri, S. Barcio. D. Marucci, Complementi di Fisica e Laboratorio, G. B. Paravia & C., Torino, 1967; da pag. 142 è tratta la Tabella X-2 che serve per la taratura di un particolare spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen avente la scala divisa in 80 parti.

Lo spettroscopio è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli e di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.