Elica del 1928 per motore FIAT A20 1ª parte


           Elica  del 1928 per motore FIAT A20. Prima parte.
Esposta nell`Aula Magna del Montani, simboleggia l`antico legame tra l`Istituto e l`Areonautica Militare Italiana.
Dalle notizie ricevute dal Sig. Edoardo Sbrolla, questo bellissimo esemplare non farebbe parte dei motori d`aereo e delle eliche, patrimonio della Scuola, che sono sopravvissuti alle ingiurie del tempo e della storia e sono in mostra negli edifici della Sezione Meccanica, ma sarebbe stato donato nei primi anni Cinquanta del Novecento da una Scuola di Fermo che chiudeva i suoi corsi di aviazione.

Per quanto in una foto, che probabilmente risale al 1940, si vedono ben cinque eliche; quelle sulla sinistra sembrano somigliare a questo esemplare. La foto mostra il laboratorio per motori d’aereo dell’Istituto.
In un’altra foto della stessa epoca si vede una sola elica.
Le due foto fanno parte dell’archivio del Montani.
Da notizie pervenuteci dal Sig. Lorenzo Corradi, socio del GAVS ROMA-ODV (GRUPPO AMICI VELIVOLI STORICI) «L’elica era montata su un motore il FIAT A20 con potenza da 300 a 420 CV, a seconda delle versioni (ecco perché l’elica è così grande). La sigla D – 2,85 si riferisce al diametro in metri mentre P- 2.00 è il passo. La sigla A300/4 sul mozzo si riferisce senz’altro all’aereo su cui era montata, l’Ansaldo A300/4 un biposto da ricognizione prodotto a partire dal 1922, la sigla DIS 35-4000 dovrebbe essere il numero del disegno. Per le altre scritte, N-3511; D8574; DSCP 5584; DSCP 5587 per adesso non ho una spiegazione».
Essa infatti reca le seguenti sigle come si vede nelle foto. Su un lato: N-3511; D8574; 26-3-1928; DSCP5584. Sul lato opposto: A 300/4 – FIAT; D – 2.85; P – 2.00; DIS 35-4000; DSCP5587.
Nella prima foto, a fianco dell`elica si vede il fisico Dott. Paolo Francavilla che è alto più di 1,90 m! Questa foto è stata scattata il 25 maggio del 2013 in occasione del Premio Mario Guidone.
Il giovanissimo Dott. Paolo Francavilla, di origine fermana, ha tenuto una lezione su: “LHC, i segreti più intimi della fisica delle alte energie”; infatti egli è ricercatore presso l`Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra e collaboratore con l`Istituto di Fisica delle Alte Energie di Barcellona (IFAE).
L`elica ha richiesto due interventi successivi di restauro, eseguiti con maestria: il primo da Ferdinando Vita nel 2011, il secondo dal P.I. Angelo Sgammini
 nel giugno 2015.
Vita ha contribuito a “salvare” l’elica da un deleterio e profondo attacco di tarli con due trattamenti: il primo per sterminare gli insetti e il secondo per irrobustire il legno. Sgammini  ha ripetuto il trattamento anti tarli, poi ha ricostruito una parte mancante della pala; infine ha eseguito il processo di laccatura con le tecniche d’epoca.
«Le placche sagomate in metallo, in genere ottone
sono conosciute come “blindatura dell’elica” ovvero una protezione del bordo d’entrata della pale affinché sassolini vari, ma anche la polvere in sospensione nell’aria, impattando l’elica alla forte velocità di rotazione sommata alla velocità dell’aereo, non danneggiassero il tenero legno costringendo, se non installate, a frequenti lavori di riparazione» (La scritta fra virgolette è ancora del Sig. Lorenzo Corradi).
Chi scrive ha il piccolo merito di aver segnalato il disfacimento dell’esemplare e chiesto in successione l’esecuzione dei due interventi conservativi.
Oggi l`elica ha un aspetto decisamente migliore che nelle foto.
Per vederla nell`aspetto attuale (2017) scrivere: “Elica” su Cerca e consultare la seconda parte.
Le informazioni del Sig. Lorenzo Corradi mi sono state pienamente confermate dall’Ing. Giuseppe Genchi, conservatore del Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi Centro Servizi Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Palermo,
www.museomotori.unipa.it
musei.unipa.it
Un’elica del tutto simile a questo esemplare si trova all’ndirizzo:
https://www.museomotori.unipa.it/scheda.php?id=109
per il velivolo FIAT C.R. 20, con motore FIAT A 20.
Ringrazio vivamente sia l’Ing. Genchi, sia il Prof. Aurelio Agliolo Gallitto che mi ha messo in contatto con Genchi.

Si ringraziano: il Sig. Edoardo Sbrolla, memoria storica delle Officine per il suo incarico di tecnico, e il fisico Dr. Paolo Francavilla.
Si ringraziano Ferdinando Vita e il P.I. Angelo Sgammini per la passione messa nei due restauri.
Un ringraziamento particolare va al Sig. Lorenzo Corradi per le sue preziose informazioni (Luglio 2021).
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Motorino elettro-meccanico costruito nel 1966 dal IV Mecc. Sez. C.

Motorino elettro-meccanico costruito nel 1966 dal IV Mecc.
Nel maggio-giugno 2013 abbiamo rinvenuto, tra molti oggetti messi sapientemente da parte, un curioso motorino elettrico tanto semplice quanto ingegnoso.
È stato costruito dalla IV Meccanica nel 1966.
La scritta a matita, che è ben visibile in una foto, dice: “MECC (?) IV° G 1966”.
L’ing. Claudio Profumieri lo ha restaurato per renderlo di nuovo funzionante, rispettando al meglio i componenti originali, ed ha eseguito le necessarie prove per evitarne in seguito un uso inappropriato.
Alimentato a 9 V in corrente continua, per avviarsi ha bisogno di una spinta iniziale, poi lentamente aumenta il numero di giri fino a portarsi a regime.
Se si spinge l’alimentazione fino a 12 V il numero di giri a regime è maggiore, ma gli elettromagneti tendono a riscaldarsi.
Invertendo le polarità dell’alimentazione il motorino funziona nello stesso modo; anzi funziona anche in corrente alternata.
Le due bobine sono collegate in serie tramite l’interruttore (inserito curiosamente tra l`una e l`altra) comandato da una camma calettata con il disco-volano.
Nella fase in cui il circuito è chiuso e circola corrente i due elettromagneti attraggono l’asta che trascina in rotazione il volano con un sistema biella-manovella; poi la camma apre l’interruttore che interrompe la corrente e fa cessare l’attrazione; per inerzia il volano continua a ruotare fino a che la camma fa ristabilire il contatto all’interruttore provocando una nuova attrazione dell’asta verso il basso e così via di seguito.
Se si osserva il motorino dalla parte del sistema camma-biella-manovella si nota che esso gira solo in senso orario e questo è dovuto al fatto che la camma fa chiudere il contatto non appena la biella ha superato “il punto morto superiore” verso destra (vedi la prima foto).
Poi la camma fa aprire il contatto quando la biella ha raggiunto il punto più basso e l’asta è più vicina agli elettromagneti; infatti se l’attrazione proseguisse ulteriormente il motorino subirebbe una frenatura poiché l`asta non sarebbe libera di allontanarsi per l’inerzia del volano.
Si comprende dunque il motivo dell’avvio manuale: se l’interruttore risulta chiuso gli elettromagneti trattengono l’asta e il motorino è fermo; se invece l’interruttore è inizialmente aperto non accade nulla.
Far ruotare il disco provoca dunque l’avvio del ciclo; il punto cruciale per l’avvio coincide con la biella che ha appena superato la posizione in alto e il contatto viene chiuso dalla camma.
Curiosamente si trovano alcuni esempi di motori realizzati da scienziati italiani intorno al 1840 che somigliano a questo esemplare.
Questi tipi di motori elettromagnetici convertivano l`energia elettrica in energia meccanica imitando il movimento alternativo delle macchine a vapore; la pressione del vapore era sostituita dall’attrazione di un elettromagnete.
Mentre questo esemplare sembra ispirarsi al motore a scoppio.
Chi legge queste note può visitare il sito http://catalogo.museogalileo.it/multimedia/MotoreElettricoBis.html
per sincerarsene.
Ci risulterebbe particolarmente gradito se qualche ex allievo ci fornisse notizie in merito a questo motorino scrivendo a fabio.panfili@live.it o inviando una email all’ITT G. e M. Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Motore turbogetto Goblin de Havilland Mark 35 N°16219 2ª parte

Motore turbogetto Goblin de Havilland. Seconda parte
Il de Havilland Goblin, originariamente Halford H-1, era un motore aeronautico turbogetto progettato dall’ingegnere Frank Halford e prodotto inizialmente dall’azienda britannica de Havilland Engine Company e successivamente dalla Rolls-Royce Limited con la denominazione Rolls-Royce Goblin. Pur essendo stato concepito nel 1941, è rimasto invariato nella forma di base per 13 anni.
Il Goblin è stato tra i primi motori a getto equipaggiato su alcuni famosi aerei dopo la seconda guerra mondiale tra cui il de Havilland DH.100 Vampire.

Per una sommaria descrizione ci siamo avvalsi dell’istruzione N° 290 della Paravia che costruiva un modello del Goblin, poiché ci è sembrata efficace nella descrizione:
«Generalità sulle turbina a gas. Una turbina a gas si compone essenzialmente di un compressore, di una o più camere di combustione e di una turbina. L’aria, dopo essere stata compressa dal compressore, viene riscaldata a pressione costante nella camera di combustione dal carburante che in essa brucia; l’aria e i prodotti della combustione si espandono quindi in una turbina che sviluppa la potenza utile e fornisce contemporaneamente la potenza necessaria per azionare il compressore. (omissis). Il ciclo del motore a turbina è quello Diesel e le corrispondenti fasi sono facilmente riconoscibili. La fase di compressione avviene nel compressore; la fase di compressione a pressione costante avviene nelle camere di combustione; la fase di espansione avviene nella turbina e nel complesso di scarico. La potenza sviluppata dalla turbina può essere prelevata (omissis) sotto forma di energia di spinta facendo uscire, alla massima velocità, i gas di scarico da un opportuno ugello».

I particolari costruttivi  che seguono (indicati nelle figure 50636) sono descritti a grandi linee e non sempre corrispondono all’esemplare della collezione del Montani, ma servono al visitatore per avere un quadro di insieme.
1) Il corpo di prese d’aria, serve a prelevare l’aria e ad inviarla alle parti del motore che hanno bisogno di raffreddamento.
2) Il corpo diffusore porta i condotti che convogliano l’aria alle camere di combustione e i dispositivi a labirinto che assicurano la tenuta d’aria sulla faccia posteriore della ventola. I condotti sono opportunamente sagomati per far diminuire lungo di essi la velocità dell’aria e aumentare di conseguenza la pressione di ingresso nelle camere di combustione.
3) La ventola del compressore è munita di un certo numero di pale. Sulla parte anteriore del mozzo della ventola è bullonato l’albero anteriore, portato dal cuscinetto a sfere anteriore, che aziona gli ingranaggi di comando degli accessori.
4) La struttura centrale è costituita da un supporto sul quale sono montate le varie parti del motore.
5) Il sistema di combustione si compone delle 16 camere di combustione a flusso diretto e di altrettanti polverizzatori. L’aria passa dal compressore alle camere di compressione ad una certa pressione ed il combustibile dal collettore ai polverizzatori. Parte dell’aria viene impiegata per la combustione, parte si mescola con i prodotti della combustione per abbassarne la temperatura. La miscela così ottenuta passa nel complesso turbina. Le camere di combustione si compongono del focolare interno e dell’involucro esterno. Tra le due parti circola aria di raffreddamento. Le camere ed i focolari sono collegati tra loro da raccordi tubolari a gomito, esterni ed interni, in modo tale che, dopo l’accensione, la fiamma possa passare da una camera all’altra dato che solo due camere sono provviste di raccordo per gli accenditori elettrici. Si ottiene in questo modo anche un costante equilibrio tra le pressioni delle varie camere. Opportuni dispositivi vengono impiegati per mescolare intimamente il combustibile e l’aria comburente e per ripartire opportunamente l’aria nella parte che serve alla combustione e in quella che serve per il raffreddamento.
6) Complesso turbina. Le camere di combustione sono collegate elasticamente ad un distributore anulare che porta, verso la parte posteriore, numerose palette fisse orientate in modo da dare al flusso dei gas combusti la direzione più opportuna. I gas che escono dalle palette fisse del distributore investono le palette della turbina che sono portate da un disco di materiale resistente al calore. Le palette, il disco e l’involucro costituiscono le parti più delicate del motore perché soggette ad alte temperature e a notevoli sforzi.
7) Il complesso costituito dal condotto di scarico comprende: il cono interno, il cono esterno e l’ugello. Essi sono sagomati in modo da dare ai gas che si scaricano nell’atmosfera la massima velocità per ottenere la maggior spinta possibile.
8) Gli accessori comprendono: la dinamo per produrre l’elettricità; le pompe per il combustibile che prelevano il carburante dal serbatoio e lo inviano sotto pressione al collettore, dal quale viene distribuito ai polverizzatori; le pompe del lubrificante; i compressori per usi speciali  (cabina, comandi, ecc.). Tutti questi meccanismi ricevono il moto dal gruppo di ingranaggi portato dall’albero anteriore. Altro importante accessorio è il motorino di avviamento che comanda l’albero principale tramite un complesso di ingranaggi ed un innesto a denti frontali. In tal modo il complesso rotante viene messo in movimento ed il motorino si disinnesta non appena il reattore sviluppa una potenza sufficiente per funzionare da solo.

Per rendere più chiara la descrizione riportiamo una figura (adattata al sito) rinvenibile all’indirizzo: http://jn.passieux.free.fr/images/Goblin_2.jpg .
In molti siti internet si trovano le caratteristiche tecniche di questo motore; noi per ora non siamo riusciti a trovare i documenti originali che dovrebbero essere conservati al Montani, ammesso che esistano, e non possiamo sapere se corrispondono a quelli trovati in internet, poiché di Goblin vi sono almeno sei versioni diverse.

Per consultare le altre due schede scrivere: “Goblin” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e adattamento del testo di Fabio Panfili.
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Motore turbogetto Goblin de Havilland Mark 35 N°16219 3ª parte

 Motore turbogetto Goblin de Havilland. Terza parte.
Non è stato rinvenuto negli inventari d’epoca.
Il de Havilland Goblin, precedentemente Halford H.1, era un motore aeronautico turbogetto progettato dall’ingegnere Frank Halford e prodotto inizialmente dall’azienda britannica de Havilland Engine Company e successivamente dalla Rolls-Royce Limited con la denominazione Rolls-Royce Goblin.
Il Goblin è stato tra i primi motori a getto equipaggiato su alcuni famosi aerei dopo la seconda guerra mondiale tra cui il de Havilland DH.100 Vampire la cui figura lievemente adattata, rinvenibile in molti siti in rete, è riportata qui sotto.
Vedere ad esempio all’indirizzo:

https://sakhalianet.x10.mx/militaryhistory/articles/sakhal/de_havilland_vampire_turbojet_fighter.php .
Per trovare molte altre figure interessanti è sufficiente scrivere:
de havilland vampire cutaway” sul motore di ricerca.
Non avendo le caratteristiche specifiche del Goblin oggetto di queste schede, rimandiamo ad una scheda tecnica trovata in rete all’indirizzo:
https://www.museomotori.unipa.it/scheda.php?id=238  riguardante un motore simile.

Una targhetta posta sul motore di avviamento porta la scritta: “STARTER TYPE C3804/1 ROTATION C/W SERIAL N° 5103 VOLTS 24 ROTAX LTD. LONDON ENGLAND.”.
Altrove si legge: “ZA 10701 SER N° 6583”.

In un altro posto si legge: “REV. 22-7-58 S. MONA” e sotto, su una targhetta: “Hymatic REG. D TRADE MARK TYPE N° SB6/2A SERIAL N° CG 376 PART N° ?A 2643 ISS 24 W. P. 450 P. S.I. MADE IN ENGLAND”.
Una targhetta è di non facile trascrizione e la lasciamo volentieri alla lettura del visitatore.
In un’altra si legge: “D. C. GENERATOR TYPE B1506 ROTATION A-C VOLTS 29 AMPS 60 MIN COOLING 50 CF / M SPEED RANGE 3000 – 6000 R. P. M. SERIAL nà 842 D35257 ROTAX LTD. LONDON. ENGLAND.”.
Per consultare le altre due schede scrivere: “Goblin” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e  testo a cura di Fabio Panfili.
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Bilancia C. Carosi & Figlio

     Bilancia C. Carosi & Figlio.
Nell`inventario D del 1937 al n° 763, quindi già in esistenza, si legge: “Bilancia di precisione C. Carosi app. ad una lastra di marmo vecchia 75 × 47 cm – Una spatola di ass. per espa. – Una cassettina di legno contenente pesi e pinza. ₤ 350. – Prima destinazione Lab. e Aula Tecnologia”.
Nell`inventario D del 1956 al n° 203 si dichiara in esistenza una “Bilancia tecnica C. Carosi applicata su lastra di marmo; ₤ 200.000” e a destra c`è scritto: “Radiata”.
Nel cassetto è custodita una pesiera.
La targhetta posta di fronte in alto reca la scritta: “C. Carosi & F.glio Roma – Via Panisperna 78 – Po P.”.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
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