Manometro registratore doppio Schaeffer e Budenberg (Museo MITI)

 Manometro registratore doppio Schaeffer e Budenberg. Matr. N° 7002273.
Nell`inventario D del 1937 al n° 892 si legge: «Manometro doppio Schaeffer e Budenberg a tamburo registratore N° 72273 … ₤ 500».
  Il manometro in basso ha portata f.s. di 5 kg/cm ² ; l`altro ha portata di 25 kg/cm ².
  Sul cilindro va avvolta la carta per registrare; i due pennini vanno caricati con inchiostro (generalmente anilina mista a glicerina per ritardarne l`essiccamento).
Per caricare il meccanismo ad orologeria, posto internamente al cilindro, è sufficiente ruotare il cilindro stesso.
È noto che il tubo di Bourdon diminuisce la sua curvatura per effetto dell`aumento della pressione al suo interno. Nelle foto si possono osservare i due tubi di Bourdon ed i meccanismi per trasmettere ai lunghi indici le variazioni meccaniche dei tubi, dovute alle variazioni di pressione al loro interno.
Tutto lo strumento è posto in una cassetta a giorno ribaltabile.
Esso è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Grande microscopio metallografico C. Reichert 6ª parte (Museo MITI)

Grande microscopio metallografico C. Reichert. Sesta parte.
Nell`odierno Laboratorio Tecnologico della sezione Meccanica, abbiamo rinvenuto, con l`ausilio del P.I. Sig. Angelo Sgammini, della documentazione interessante che riguarda gli antichi strumenti di meccanica, patrimonio del Montani, e in particolare del microscopio metallografico. Oltre agli appunti conservati nello schedario, vi sono anche le istruzioni per la stampa delle foto.
Tra questi documenti è degno di nota un disegno datato maggio 1940 con i particolari costruttivi del microscopio in oggetto.
Inoltre riteniamo doveroso riportare le foto di altre tre schede di lavorazione eseguite nel GABINETTO PER LE PROVE DEI MATERIALI.
Una in particolare (la scheda N. 4-B) reca la data 10 marzo 1920 e nelle OSSERVAZIONI si legge:
«Campione della ditta Ansaldo segnato col n° 1395 spedito nel marzo 1915 – in barra 40 × 40 mm».
Nella scheda si legge inoltre: «Caratteristiche del campione: “Materiale: Acciaio”; “Preparazione: Campione semplicemente segnato dalla barra. Trattato termicamente e lucidato perp. alla lamin.” ; “Trattamento termico: riscaldato a 990° e raffreddato lentamente (100° in 20 minuti)”; “Attacco: Reattivo Kourbatoff”; Analisi chimica: “Carbonio 0,12, Silicio 0,23, Manganese 0,73, Fosforo 0,017, Nikel 0,40”».
Scheda N° 650 del 24 marzo 1925: «Caratteristiche del campione: “Materiale: acciaio eutectico”; “Preparazione: campione lucidato perpendicolarmente al senso della laminazione”; “Struttura: Austenitica in grani”; “Trattamento termico: Tempera a 900°”; “Attacco: Acido picrico”».
Scheda N. 650 del 20 maggio 1929 : «Caratteristiche del campione: “Materiale: Acciaio eutectico”; “Preparazione: Campione lucidato perpendicolarmente al senso di laminaggio”; “Struttura: Perlitica”; “Trattamento termico: Tempera a bassissima temperatura”; “Attacco: Acido picrico”».Diamo qui integralmente alcune informazioni, riguardanti l`attacco acido micrografico, tratte da un documento dattiloscritto:
«ATTACCO ACIDO MICROGRAFICO.
PULIRE la superficie lucida del campione, preventivamente lavata e asciugata con un panno, con un batuffolo di ovatta imbevuto di alcool denaturato.
REAGENTE – Mettere una piccola quantità del reagente da usare in un vetrino.
ATTACCO – Immergere la faccia lucida del campione nel reagente agitando e tenendovela per il tempo indicato nella tabella e dato dall`esperienza.
LAVAGGIO – lavare abbondantemente in acqua sotto il rubinetto.
ASCIUGATURA – Asciugare le parti non attaccate con un panno. Asciugare la parte lucida, toccando leggermente con un batuffolo di ovatta imbevuto di alcool. Se si dispone di soffiatore di aria calda usare questo.
CONSERVAZIONE – I campioni si possono conservare pronti alla osservazione in apposito recipiente ove sia una sostanza igroscopica (Calce viva)».
Per rendere più agevole la lettura delle schede nelle foto, abbiamo riportato anche le
loro fotocopie in ordine cronologico.
Per ulteriori informazioni si possono consultare le altre schede scrivendo “Reichert” su Cerca.
Lo strumento è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Grande microscopio metallografico C. Reichert 1ª parte (Museo MITI)

Grande Microscopio Metallografico C. Reichert. Prima parte.
Nell`inventario D del 1919 a pag. 71 si legge al n° 1392/11: “Impianto metallografico completo ₤ 3420”; destinato al “Collaudo e prove materiali” del Laboratorio di Meccanica. Per avere maggiori dettagli si deve consultare l`inventario D del 1937 al n° 739. Dettagli la cui descrizione abbiamo riportato integralmente nella 4ª parte.
La base del microscopio reca la scritta: “C. REICHERT WIEN N° 54763”, mentre più in alto, sul braccio che regge il microscopio vero e proprio si legge “MIKROSKOPE GIOLITTI N° 9”.
Lo strumento per lo studio della struttura dei metalli è uno dei primi microscopi di questa serie giunto in Italia. Come evoluzione e complessità rappresentava a quei tempi un modello molto sofisticato.
Prodotto dalla ditta C. Reichert di Vienna e importato dalla Soc. An. Henry Coe & Clerici Genova – Milano, fu acquistato per il “Gabinetto di Meccanica” insieme ad altra apparecchiatura fotografica di cui rimangono alcuni elementi.
Delle ricerche sulle leghe metalliche condotte nel Gabinetto di Meccanica del Montani, si conserva ampia documentazione sperimentale e bibliografica.
Nella foto d`epoca in bianco nero infatti, questo esemplare è ben visibile nel Gabinetto di Meccanica.
Si nota inoltre in primo piano qualche accessorio che non ci è pervenuto.
Lunga e complessa è la storia della microscopia metallurgica.
Secondo alcuni autori, l`inizio vero e proprio della microscopia in luce riflessa si può collocare verso il 1890 quando l`insigne chimico-fisico e metallurgista H. L. Le Châtelier (1850 – 1936 ), ideò il banco metallografico che porta il suo nome.
Si tratta di un microscopio in cui il porta campioni è posto sopra l`obiettivo e che quindi può sostenere campioni molto grandi senza creare ingombri relativi alla distribuzione spaziale che si verificano per esempio con gli specchi tipo Lieberkühn.
L`innovazione fondamentale di Le Châtelier consiste nell`impiego di una sorgente d`illuminazione laterale i cui raggi vengono fatti viaggiare, mediante un opportuno deviatore posto dietro l`obiettivo, lungo l`asse del microscopio; essi attraversano l`obiettivo che quindi funziona come sistema condensatore.
Siamo quindi nel caso ideale di avere automaticamente un condensatore adatto alle diverse aperture adoperate.
Le Chatelier non introdusse sistemi di polarizzazione nel suo microscopio; è stato il mineralogista J. Königsberger che impiegò per primo luce polarizzata nello studio di minerali opachi, 1901 – 1910. La casa Reichert costruisce tuttora microscopi metallografici.
Per la descrizione dell’esemplare del Montani consultare la 3ª parte scrivendo “Reichert” su Cerca.
Lo strumento è esposto al Museo MITI  su proposta di Fabio Panfili.
Foto a colori di Claudio Profumieri e Contemporanea Progetti, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Goniometro Universale

   Goniometro universale.
Nella collezione del Montani ne esistono due esemplari e nell`inventario D del 1956 si trovano ai numeri 3018-19 dove si legge: “Goniometri universali d`angolo”, acquistati nel marzo del 1962 presso A. Antolini – Milano e destinati al Laboratorio di Fisica. Essi recano la scritta MIM Inox.
Il goniometro serve per la misura di angoli e ne esistono svariati tipi; questo esemplare è il più diffuso e per la maggiore accuratezza nella costruzione e per la presenza del nonio.
Esso è costituito da un disco graduato D, diviso in quattro settori, ognuno a sua volta diviso in 90 parti (gradi sessagesimali), solidale con una squadra fissa NP (questa serve per appoggiare lo strumento sull`oggetto da esaminare); inoltre vi è un disco mobile M, che reca il nonio ed è coassiale al disco graduato, esso ruota rispetto al disco graduato e può essere bloccato con una vite; questo disco mobile è collegato con una staffa ad un`asta mobile R la quale può scorrere longitudinalmente poiché reca una scanalatura e può essere bloccata con una vite. La squadra fissa NP, solidale col disco graduato, è formata da due aste N e P tra loro perpendicolari.
Quando P forma 90° con l`asta R, lo zero del nonio coincide con la divisione 90 del disco graduato D posta in alto.
Il nonio è diviso a sinistra e a destra rispetto allo zero centrale in 60 parti che corrispondono a 59°; siccome il nonio presenta una divisione per ogni 5′, la minima lettura consentita è di 5′ di grado.
Premesso che il metodo di lettura col nonio è analogo a quello dei calibri, se nel procedimento di misura lo zero del nonio ruota verso destra, allora la scala di lettura dei primi è quella di sinistra e viceversa.
Se l`angolo da misurare è acuto allora la lettura è diretta; se è ottuso il suo valore è dato dall`angolo supplementare.
Ad esempio: nel caso di misura di un angolo acuto, se lo zero del nonio indica 32° e una frazione di grado e l`ottava divisione del nonio coincide con una divisione della scala, allora la lettura sarà 33° 40′; se invece l`angolo fosse ottuso e per ipotesi desse la stessa lettura sul nonio, si dovrebbe fare 179° 60′ – 33° 40′ = 146° 20′.
 Bibliografia: M. Panitteri e V. Ruggiero, Esercitazioni di Laboratorio di Fisica, Vol. I, G. B. Paravia & C. 1961.
 Ringrazio il Sig. Massimo Ciccola per la collaborazione.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Elica del 1928 per motore FIAT A20 2ª parte

 Elica Fiat del 1928. Seconda parte.
Esposta nell`Aula Magna del Montani, simboleggia l`antico legame tra l`Istituto e l`Areonautica Militare Italiana.
Dalle notizie ricevute dal Sig. Edoardo Sbrolla, questo bellissimo esemplare non farebbe parte dei motori d`aereo e delle eliche, patrimonio della Scuola, che sono sopravvissuti alle ingiurie del tempo e della storia e sono in mostra negli attuali edifici della Sezione Meccanica, ma sarebbe stato donato nei primi anni cinquanta del Novecento da una Scuola di Fermo che chiudeva i suoi corsi di aviazione.
Per quanto nelle foto forse risalenti al 1940 e visibili nella prima parte si vedono ben cinque eliche di questo tipo, che erano montate su motori posti in locali dell’Istituto.
Da notizie pervenuteci dal Sig. Lorenzo Corradi, socio del GAVS ROMA-ODV (GRUPPO AMICI VELIVOLI STORICI) «L’elica era montata su un motore il FIAT A20 con potenza da 300 a 420 CV, a seconda delle versioni (ecco perché l’elica è così grande). La sigla D – 2,85
si riferisce al diametro in metri mentre P- 2.00 è il passo. La sigla A300/4 sul mozzo si riferisce senz’altro all’aereo su cui era montata, l’Ansaldo A300/4 un biposto da ricognizione prodotto a partire dal 1922, la sigla DIS 35-4000 dovrebbe essere il numero del disegno. Per le altre scritte, N-3511; D8574; DSCP 5584; DSCP 5587 per adesso non ho una spiegazione».
Essa reca le seguenti sigle come si vede nelle foto. Su un lato: N-3511; D8574; 26-3-1928; DSCP5584. Sul lato opposto: A 300/4 – FIAT; D – 2.85; P – 2.00; DIS 35-4000; DSCP5587.
L`elica ha richiesto due interventi successivi di restauro, eseguiti con maestria: il primo da Ferdinando Vita nel 2011, il secondo dal P.I. Angelo Sgammini  nel giugno 2015.
F. Vita ha contribuito a “salvare” l’elica da un deleterio e profondo attacco di tarli con due trattamenti: il primo per sterminare gli insetti e il secondo per irrobustire il legno.
A. Sgammini ha ripetuto il trattamento anti tarli, poi ha ricostruito una parte mancante della pala; infine ha eseguito il processo di laccatura con le tecniche d’epoca.
«Le placche sagomate in metallo, in genere ottone sono conosciute come “blindatura dell’elica” ovvero una protezione del bordo d’entrata della pale affinché sassolini vari, ma anche la polvere in sospensione nell’aria, impattando l’elica alla forte velocità di rotazione sommata alla velocità dell’aereo, non danneggiassero il tenero legno costringendo, se non installate, a frequenti lavori di riparazione» (La scritta fra virgolette è ancora del Sig. Lorenzo Corradi).
Chi scrive ha il piccolo merito di aver segnalato il disfacimento dell’esemplare e chiesto in successione l’esecuzione dei due interventi conservativi.
Per vedere la prima parte scrivere “Elica” su Cerca.

Le informazioni del Sig. Lorenzo Corradi mi sono state pienamente confermate dall’Ing. Giuseppe Genchi, conservatore del Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi Centro Servizi Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Palermo,
www.museomotori.unipa.it
musei.unipa.it
Un’elica del tutto simile a questo esemplare si trova all’ndirizzo:
https://www.museomotori.unipa.it/scheda.php?id=109
per il velivolo FIAT C.R. 20, con motore FIAT A 20.
Ringrazio vivamente sia l’Ing. Genchi, sia il Prof. Aurelio Agliolo Gallitto che mi ha messo in contatto con Genchi.

Si ringraziano il tecnico Sig. Edoardo Sbrolla, memoria storica delle Officine; il Sig. Ferdinando Vita e il P. I. Angelo Sgammini, anch`essi tecnici nella sezione Meccanica.
Un ringraziamento particolare va al Sig. Lorenzo Corradi per le sue preziose informazioni (Luglio 2021).
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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