Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116 1ª parte

Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Milano Matr. N° 19116. Prima Parte.
Nell’inventario particolare per reparto n° 7 del 1925-1927 a pag. 82, n° 130/810 si legge: “Allocchio Bacchini & C. Variometro tipo Vallauri [quasi illeggibile, N.D.R]. ₤ 850”. Non siamo sicuri che si tratti di questo esemplare poiché per ora sappiamo solo che nel suo saggio: Giancarlo Vallauri, Induttanze Variabili (Variometri), Ed. F. Mariotti del 1925, a pag. 3 parla di variometro a disco.
Nell’inventario D del 1937 al n° 485 si legge: “Variometro Allocchio Bacchini – N° 19116 ₤ 40 prima destinazione  (Lab. Radio)”.
Destinato a Radiotecnica era già in esistenza; sia i particolari costruttivi, sia i materiali impiegati e sia il numero di matricola suggeriscono una datazione precedente.
L’oggetto è stato restaurato nel settembre del 2013 dall’ing. Claudio Profumieri ed è perfettamente funzionante.
Esso consiste in due dischi di bachelite sovrapposti ognuno recante una bobina piatta avvolta in un disegno che sicuramente ne ottimizza lo scopo.
Il disco inferiore porta un indice che sporge dall’orlo; il disco superiore reca un goniometro che va da 0° a 180° e una manopola centrale per ruotarlo.
Si tenga ben presente che la rotazione comporta una variazione della posizione relativa tra le due bobine.
Ci lascia perplessi il fatto che i due dischi siano semplicemente sovrapposti, senza una guida che ne agevoli la rotazione, per quanto è facile comunque ruotarli aggiustandoli nella posizione ottimale.
Infatti il loro funzionamento si basa sul ruotarli affacciati.
Il nostro problema attuale è sapere se questo strumento era usato come “variometro” o come “accoppiatore variabile”. Collegando le due bobine affacciate in serie esso funziona certamente come variometro.
Il variometro veniva usato negli anni Venti con le radio a galena e con i primi ricevitori a valvole ed aveva solo due terminali; era costituito in genere da due bobine già collegate in serie, di induttanza L1 ed L2 e coefficiente di accoppiamento massimo k, delle quali una ruotava dentro ad un’altra fissa e la rotazione variava la mutua induzione M. Siccome il valore di k va da 0 (accoppiamento nullo) a 1 accoppiamento massimo, si poteva ottenere
Ltot = L1 + L2 ± 2 M.
Dove M vale ( M = k · √ L1 · L2) e il segno – si ha quando l’orientamento reciproco da un flusso discorde, il segno + quando il flusso è concorde.
È ovvio che l’induttanza totale va da un valore minimo ad in valore massimo ed i valori di L1, L2 ed M erano scelti in base alle caratteristiche del cristallo a galena per coprire la gamma di frequenze volute.
Da anni si possono costruire semplici radio riceventi ad onde medie sostituendo la galena ad esempio con un diodo al germanio.
Sappiamo anche, dalla letteratura consultata, che negli anni Quaranta il variometro era considerato già desueto.
Il nostro esemplare invece ha due bobine indipendenti e dunque quattro terminali: questo fatto ci suggerisce che in realtà sia un accoppiatore variabile per frequenze radio, con una bobina primaria (quella alimentata) ed una secondaria, mentre il variometro ha una induttanza complessiva variabile per mutua induzione.
L’accoppiatore variabile, mediante la rotazione della bobina primaria, può variare il flusso concatenato fra le due bobine variando la tensione all’uscita della bobina secondaria. In questo suo impiego veniva usato, sempre negli anni Venti, come variatore con bobina di reazione o bobina di sintonia con bobina d’aereo.
Dunque abbiamo pensato di sottoporlo a prove sperimentali da questo punto di vista.
L’ing. Profumieri ha usato un generatore a frequenza variabile e un oscilloscopio ed ha fotografato alcune delle varie fasi sperimentali scegliendo una frequenza fissa di 104,74 kHz.
Il visitatore può vedere nelle schede successive le foto che illustrano il buon funzionamento dell’oggetto usato come accoppiatore variabile scrivendo: “Accoppiatore” su Cerca.
La trattazione del comportamento di due bobine accoppiate si trova in tutti i libri di elettrotecnica e radiotecnica data la loro importanza; noi accenniamo solo al fatto che la f.e.m. indotta nella seconda bobina
e2 = – M (d i1/ dt)
dove i1 è la corrente circolante nella prima bobina.
È bene tenere presente che quanto è stato scritto vale per induttanze (delle quali si possano trascurare la resistenza e la capacità distribuita) con la secondaria funzionante a vuoto.
Il comportamento dei circuiti reali accoppiati per mutua induzione invece è alquanto complesso e lo rimandiamo alla consultazione dei libri sopra citati; nelle tre parti successive a questa illustreremo solo un caso particolare in determinate situazioni.
Bibliografia.
C. Rimini, Fondamenti di Radiotecnica Generale, N. Zanichelli, Bologna 1948.
S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961.
Ringraziamo il prof. ing. Adriano Montanari per il prezioso e autorevole parere che ci ha dato in merito all’oggetto, confermando le nostre supposizioni sul suo impiego. Montanari ha insegnato per anni Radiotecnica al Montani, lasciando una significativa impronta dei suoi saperi e della sua personalità, per poi insegnare al Politecnico delle Marche.
Ci siamo inoltre rivolti ad un grande esperto di Radiotecnica, il dott. Leonardo Mureddu, ricercatore presso l’INAF dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, che ci ha inizialmente ispirato col suo lavoro che si trova all’indirizzo
http://www.leradiodisophie.it/variometro.html
e che poi gentilmente ci ha fornito ulteriori delucidazioni. Lo ringraziamo per la sua collaborazione.
Altri indirizzi dal contenuto interessante sull’argomento sono: http://www.leradiodisophie.net/Valvole/Zamburlini/Zamburlini-RD5.htm
e
http://www.leradiodisophie.it/Lettere.html .

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.