Breve racconto estivo sui ghiacci del polo nord

 

BREVE RACCONTO ESTIVO SUI GHIACCI DEL POLO NORD

 di Fabio Panfili

Giugno 2000

Un giorno di fine maggio del 1998, la collega Maria Clotilde mi chiese: “Perché i ghiacci che stanno al polo nord, pur non essendo ancorati alla ‘terraferma’, restano al polo nord?”.
 Questa domanda le era stata rivolta dal figlio adolescente Michele.
Non ricordo niente del genere in tanti anni di vita scolastica e, contrariamente al mio modo di fare, non ho dato una risposta immediata; piuttosto ho indicato un esperimento i cui risultati sono da interpretare con molta prudenza.
Occorrono: un secchio con manico, una corda, dell’acqua e qualche cubetto di ghiaccio. Si versa l’acqua fino a metà del secchio, si pongono a galleggiare sei, sette cubetti di ghiaccio, si lega la corda al centro del manico e si tiene tutto sospeso con una mano, mentre con l’altra si fa girare rapidamente il secchio su se stesso.
Meraviglia delle meraviglie, i cubetti di ghiaccio vorticando si dirigono verso il centro, mentre la superficie dell’acqua assume una forma da osservare con attenzione: a regime è simile ad un paraboloide.
Bisogna però chiedersi se il secchio ruotante somiglia alla terra che gira su se stessa e se fenomeni analoghi accadono ai ghiacci che galleggiano al polo nord.
Perché si sa che, quando gli iceberg si distaccano dalla banchisa, essi si spostano verso mari più caldi.
So bene per altro che, durante la preparazione di un buon tè, se lo mescolo nella tazza con un cucchiaino, le foglioline vorticando si dirigono verso il centro; eppure queste normalmente non galleggiano, quando sono bagnate. Ho osservato, anche se distrattamente, che il vortice generato nel liquido ambrato fa assumere alla superficie una forma diversa che nell’esperimento col secchio.
Le velocità osservate dal centro alla periferia hanno nei due casi un andamento molto diverso: col secchio ruotante esse crescono proporzionalmente al crescere del raggio; nel vortice creato col cucchiaino invece, le velocità sono maggiori al centro e scemano andando verso la periferia, almeno mentre si gira il cucchiaino.
Al polo nord non c’è alcun cucchiaio gigantesco che faccia girare il tutto, ma sono gli oceani, i fondali marini e il resto a compiere un lungo giro giornaliero.
Ciò somiglia di più al secchio ruotante.
Tuttavia, per rispondere alla domanda iniziale, dovrei poter fermare la Terra e osservare il comportamento dei ghiacci al polo nord.
Dunque una tazza che ruota trascina il liquido contenuto in un gorgo diverso da quello ottenuto col cucchiaino… ma allora se io faccio girare la tazza, dove finiscono le foglioline di tè? Ai bordi naturalmente, come le cose che non galleggiano.
Un buon libro di fisica a volte aiuta a riflettere. In un pomeriggio di un caldo giugno inoltrato, leggo pagine che parlano di acqua asciutta e bagnata e mi perdo dietro a formule e pensieri.
A volte fa bene allo spirito parlare con un amico, poiché lentamente le cose si fanno più chiare.
Nel secchio che gira su se stesso a velocità angolare costante, trascinando l’acqua in un moto a regime, immagino una particella di acqua di forma cubica, immersa nell’acqua che ruota.
 Mi chiedo, osservandola da un sistema di riferimento solidale col secchio (cioè che ruota concentrico al secchio e con la stessa velocità angolare), perché la particella è in equilibrio.

La forza centripeta che agisce su di essa, è dovuta alla differenza di pressione tra le due facce normali al raggio, mentre la forza centrifuga (che appare in questo particolare sistema di riferimento, detto non inerziale) è proporzionale alla sua massa.
Ora sostituisco idealmente la particella d’acqua con un cubetto dello stesso volume, ma di materiale meno denso.
Mentre la forza centripeta resta invariata, perché è dovuta all’acqua in moto che circonda la nuova particella, la forza centrifuga è diminuita in ragione della diminuzione della massa.
L’oggetto allora non è più in equilibrio e viene trascinato verso il centro di rotazione. Sorte opposta avrebbe un cubetto di materiale più denso, che andrebbe verso il bordo.
Il tutto accade poiché la pressione aumenta dal centro alla periferia con il quadrato del raggio, quindi la faccia più lontana dal centro è sottoposta ad una pressione maggiore di quella più vicina al centro, generando così la forza centripeta, il cui valore dipende dall’acqua e non dall’oggetto interposto.
A questo punto non indago su correnti marine o venti dalle parti del polo nord, poiché non ritengo che siano essenziali nell’indagine.
Mi piace pensare che i cubetti di ghiaccio nel secchio ruotante, siano spinti verso il centro da un qualcosa che richiama la forza di Archimede.
Bisogna inoltre chiedersi se il galleggiare dei cubetti di ghiaccio somiglia al galleggiare dei ghiacci del polo nord. Non mi riferisco alla salinità dei mari, voglio dire piuttosto che occorre prudenza nel supporre che le nostre osservazioni valgano inalterate su una scala più ampia. Alcuni particolari che in questo contesto riteniamo non significativi, potrebbero diventarlo inaspettatamente per grandi dimensioni.
Potrei concludere qui il racconto, ma voglio suggerire un esperimento più rilassante che può riguardare ancora i ghiacci del polo nord.
Si versa dunque dell’acqua in un bicchiere e vi si aggiungono alcuni cubetti di ghiaccio, si segna con un fine pennarello sul vetro il livello del liquido. Ora bisogna aspettare che il ghiaccio si sciolga.
Cosa è successo al livello dell’acqua? È cambiato? No, è rimasto lo stesso.
La parte di ghiaccio immersa occupa un volume di acqua liquida il cui peso è pari al peso di tutto il ghiaccio. Ma questo è acqua solida, meno densa di quella liquida; ciò causa che una piccola parte del ghiaccio emerge. Quando esso si scioglie, il suo volume diminuisce proprio di quella parte, quindi occupa, come acqua liquida, quel volume che prima era immerso.
Nell’esperimento qualitativo si sono trascurate le variazioni di temperatura del miscuglio durante la prova.
Si può obiettare che i mari sono salati. Un blocco di ghiaccio di acqua dolce che galleggia su un mare salato, presenta una parte emersa maggiore di quella che avrebbe se galleggiasse su un mare di acqua dolce. Di conseguenza questo blocco sciogliendosi farebbe aumentare il livello del mare.
Si è letto, o si è sentito dire, che se si sciogliessero i ghiacci del polo nord, per effetto di un eventuale aumento della temperatura media della Terra, i livelli dei mari salirebbero. Una possibile spiegazione, data sempre con le opportune cautele, si può attribuire ad una diversa salinità tra i ghiacci e i mari su cui galleggiano. O piuttosto al fatto che l’acqua dovuta allo scioglimento è inizialmente fredda e poi, dirigendosi verso latitudini più calde,  aumenta di temperatura e di conseguenza  il suo volume aumenta.
Ben diverso è il caso dei ghiacciai della Groenlandia o dell’Antartide che stanno sulla terraferma. È ovvio che, quando parti di questi si sciolgono, grandi masse di acqua liquida si riversano nei mari.
Si può ottenere del ghiaccio salato versando acqua e sale in un bicchiere di plastica e mettendo il tutto nel congelatore. Dopo qualche ora si otterrà un blocchetto di ghiaccio, ricoperto di una patina di sale. Se si mette il blocchetto così ottenuto in acqua dolce, cioè nella condizione più sfavorevole, si nota che esso galleggia appena. Se si è ecceduto nella quantità di sale disciolto nella preparazione, il blocchetto affonda.
Si può osservare il galleggiamento di ghiaccio salato in acqua salata, purché la percentuale di sale nell’acqua liquida sia maggiore di quella nel ghiaccio.
Alcuni degli esperimenti descritti hanno coinvolto mio figlio Alessandro di nove anni.
La sua curiosità e quella di Michele sono il sale che da sapore alla conoscenza.

 

Ringrazio Settimio Virgili per i suggerimenti, e l’amico con cui ho scambiato buone considerazioni.

P.S.  Per pura curiosità  si vedano i due dispositivi ai seguenti indirizzi:

https://www.istitutomontani.edu.it/museovirtuale/macchina_centrifuga127/

https://www.istitutomontani.edu.it/museovirtuale/vaso_di267/