Voltmetro da quadro a ferro mobile Ing. O. Farina – Guggenheimer N° 360561


Voltmetro da quadro a ferro mobile Ing. O. Farina – Guggenheimer, matr. N° 360561.
Questo strumento, pur se porta la scritta “Ing. O. Farina Milano” reca il marchio della ditta Dr. S. Guggenheimer, TSG, Nürnberg, che è stata fondata nel 1906 e chiusa nel 1933; è evidente che lo strumento sia stato commissionato dalla ditta Farina alla ditta tedesca e che lo si possa far risalire al primo Novecento.
Negli inventari del 1925 – 1927 sono citati acquisti di batterie fabbricate dalla Guggenheimer e forse questo strumento è stato acquistato con esse.
Comunque nell`inventario D del 1933/1937, al n° 142 si legge: “Voltometro da quadro, e. m., S. G. – 10 V – N° 360561 su mensola. Quantità 1 – ₤ 100. Prima destinazione Laboratorio Macchine Elettriche”.
Lo strumento è a ferro mobile; evitiamo qui di ripetere il significato della solita valutazione
di ₤ 100 che però ci conferma che lo strumento è ben più antico.
I simboli presenti sul quadrante sono desueti; uno di essi indica che il voltmetro è a ferro mobile e dunque è idoneo per misure in corrente continua e alternata, ma un altro simbolo riportato ne indica l`uso solo per C.C. .
Un altro simbolo indica che esso va usato col quadrante in posizione verticale.
La scala non è lineare, ma è ricavata sperimentalmente ed è tipica degli strumenti a ferro mobile; la portata di fondo scala è di 10 V.
Non conosciamo il significato della stellina rossa, ma supponiamo che si riferisca alla tensione di prova di isolamento a cui il voltmetro è stato sottoposto.
Ignoriamo inoltre il significato della lettera G che viene usata solitamente dalla Guggenheimer.
Per il suo funzionamento si fa

riferimento ai numerosi amperometri da quadro a ferro mobile nella sezione Elettrotecnica.
Bibliografia:
L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pp. 133 – 135.
J. H. Fewkes and J. Yarwood, Electricity, Magnetism, and Atomic Physics, Vol. I, University Tutorial Press LTD near Cambridge, London 1956, pp. 87 – 89.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.