Uovo elettrico, Officine Galileo Firenze (Museo MITI)

     Uovo elettrico.
Nell`inventario particolare per reparto n° 7 del 1925/1927 a pag. 144, n° 131/2232, si legge: “Officine Galileo Firenze. Uovo elettrico. ₤ 180”. Destinato al Gabinetto di Fisica. Nell`inventario D del 1937 si trova al n° 439. Matr. N° 93687.
Detto anche “uovo filosofico” e in una sua variante “uovo elettrico De la Rive”.
In omaggio a Oreste Murani, nato a Monterubbiano nel 1835 e professore di fisica al Politecnico di Milano, riportiamo questa descrizione dell`uovo elettrico che compare a pag. 452 del suo Trattato Elementare di Fisica, in possesso della Biblioteca del Montani.
«Attraenti e svariati sono i fenomeni luminosi della scarica nei gas rarefatti. L`esperienza si fa di solito con l`uovo elettrico e con i tubi del Geissler; e in luogo delle macchine elettriche, si ricorre più spesso, per eccitare le scariche, al rocchetto di Ruhmkorff. L`uovo elettrico è un recipiente di vetro di forma ovoidale che si mette sul piatto di una macchina pneumatica per rarefarvi l`aria: penetrano in esso a seconda dell`asse maggiore, e a perfetta tenuta due verghette di ottone terminate con palline, la cui distanza si può regolare, essendo la verghetta superiore mobile a sfregamento in un buon tappo isolante. Facendo comunicare le due asticelle con i poli del rocchetto, se la rarefazione dell`aria è moderata, si vedono alcune striscie longitudinali di color rosso viola riunire le due palline; esse sono dovute ad altrettante scariche successive la cui luce persiste tal poco sulla retina, e quindi si sovrappongono. Continuando ad estrarre l`aria sino alla pressione di pochi millimetri [di mercurio N.d.R.], le striscie si fanno più larghe e più sfumate, e una luce continua fusiforme, di color porpora riunisce le due sferette. Quando la pressione è inferiore a 2 mm di mercurio, il fenomeno ha l`aspetto [seguente, N.d.R.]: il polo negativo è circondato da un involucro luminoso color lavanda; dal positivo parte un fuso di luce rossa, e le due luci sono separate da un intervallo oscuro, meglio poco luminoso, detto spazio oscuro di Faraday: questo e l`aureola che circonda il polo negativo si estendono col crescere della rarefazione, mentre la luce rossa si va restringendo verso l`anodo. Il fuso di luce rossa che parte dal polo positivo spesso è stratificato; le stratificazioni si formano più facilmente se, prima di rarefare l`aria, si introduce nell`apparecchio un poco di vapor d`etere o di essenza di trementina. La lunghezza e lo splendore degli strati luminoso dipendono dalla qualità e dalla densità del gas, dalle dimensioni e dalla forma del recipiente, e dall`energia della scarica: la stratificazione riesce meglio nei tubi più stretti».
 Dunque tra i due elettrodi si produce una scarica luminosa di forma ovoidale che varia in base alla pressione dell`aria all`interno.
L`apparecchio prende a volte il nome da Arthur-Auguste De la Rive (1801-1873), che verso la metà dell`Ottocento eseguì diversi esperimenti di scariche nel vuoto parziale, tentando tra l`altro di simulare l`effetto dell`aurora boreale. Avvicinando i poli di una calamita si possono infatti vedere gli effetti deformanti sulla scarica provocati dal campo magnetico che, come è noto, produce una rotazione delle cariche in moto.
Per dare una spiegazione schematica e molto approssimativa di ciò che accade nell`uovo elettrico, come del resto nel tubo rettilineo, distinguiamo tre casi.
1) Gas non rarefatti. Gli ioni già esistenti nei gas, sotto l`azione del campo elettrico, si muovono urtando un grandissimo numero di molecole, pertanto non possono accelerare abbastanza a lungo per acquistare l`energia cinetica sufficiente a produrre nuovi ioni. Gli ioni positivi si dirigono verso il catodo, mentre gli elettroni si legano alle molecole, formando ioni negativi che vanno verso l`anodo. Questa corrente non è accompagnata da fenomeni acustici o luminosi e permane solo se esiste un agente ionizzante esterno, altrimenti si estingue rapidamente. La scarica invece si può ottenere solo per campi elettrici molto elevati, dell`ordine di trentamila volt per centimetro. In questo caso gli ioni acquistano subito una energia sufficiente per produrre altri ioni che, a loro volta ionizzano altre molecole, dando luogo ad un effetto valanga. La scintilla che si ottiene è esplosiva e rumorosa.
2) Gas sufficientemente rarefatti. La distanza che gli ioni (positivi e negativi) ed i singoli elettroni possono percorrere tra un urto e il successivo (libero cammino medio) è aumentata; essi possono dunque acquistare una energia cinetica sufficiente a ionizzare altre molecole per urto. Quindi la ionizzazione a valanga, che provoca la scarica, avviene per tensioni applicate molto inferiori e la scarica ottenuta assume delle caratteristiche luminose molto diverse dalla scintilla. Per opportuni valori della pressione e della tensione applicata si creano quelle zone oscure in cui avviene la rincorsa e quelle zone luminose dovute all`emissione di fotoni degli atomi eccitati per urto. Sembra che la stratificazione osservata sia costituita da una successione di tali zone.
3) Gas molto rarefatti. Gli ioni possono acquistare una notevole energia cinetica ma nel contempo non hanno più a disposizione un sufficiente numero di bersagli molecolari da ionizzare, la scarica dunque non si mantiene e cessano i fenomeni luminosi. Ma quando si giunge a questa situazione avviene un particolare processo: gli ioni positivi colpiscono violentemente il catodo e provocano la fuoriuscita di elettroni. Questi a loro volta, accelerati dal campo elettrico, si dirigono verso la parte opposta e penetrano nel vetro provocando una fluorescenza verdastra. In tal caso gli elettroni vengono chiamati, per ragioni storiche, raggi catodici. Solo alcuni elettroni urtano le poche molecole, ionizzandole. Queste si dirigono verso il catodo e lo urtano, facendo schizzare via altri elettroni. Se l`energia acquisita dagli elettroni, che accelerano lungo il tubo, è sufficiente, essi, penetrando negli atomi del vetro, possono produrre raggi X. Quando la rarefazione diventa eccessiva, gli ioni sono talmente pochi che non riescono a produrre un significativo numero di elettroni, pertanto gli effetti dei raggi catodici diventano rari, anche se la tensione applicata diventa notevole. I raggi X così ottenuti sono duri.
Bibliografia.
O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II, U. Hoepli, Milano 1931, da cui è tratta la terza figura.
P. Caldirola, G. Casati, F. Taealdi, Fisica 2, Ghisetti e Corvi, Milano 1987.
S. Tolansky, Introduzione alla fisica atomica, Boringhieri, Torino 1963.
A. Roiti, Elementi di fisica, Vol. II, Le Monnier, Firenze 1913.
La figura D 523 si trova a pag. 90 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura di R. Magini, Officine Galileo, 1940.
La figura in sfondo giallo è tratta da Elementary Treatise on Phisics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910, pag. 1082; rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich .
La seconda figura è tratta da Priced and Illustrated Catalogue of Physicals Instruments. Chemicals and Chemical Apparatus. J. W. Queen & Co. Philadelphia, 1884; si trova a pag. 92 dove si legge: «5389. Electrical Egg. Sixteen inches high, plain glass . . . $ 9.60 .5391. Electrical Egg. Of uranium glass, sixteen inches high . . . $ 8.00»; rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52536.pdf.
  L`uovo elettrico è esposto al Museo MITI, come si vede in una foto di Claudio Profumieri, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.