Amperometro C.G.S. mod. HC18T N° 2160296


Amperometro C.G.S. Italia mod. HC18T matr. N° 2160296.Nell’inventario del 1956 si trova ai numeri 2021-2026 dove si legge: “N° 6 amperometri 0,5 – 1 A”, destinati ad Elettronica e acquistati nel dicembre del 1961.
Questo strumento, costruito dalla G.G.S. Italia è del tipo HC18T e ha due portate fondo scala: 0,5 A con resistenza interna di 8 Ω e 1 A con resistenza interna di 2 Ω in corrente alternata da 40 a 60 Hz; la portata di 0,5 A si ottiene ponendo due morsetti in serie, mentre quella di 1 A si ottiene ponendo i morsetti in parallelo. Esso ha classe di precisione 0,5 , è testato per una tensione di prova di isolamento di 2 kV, e si usa col quadrante posto orizzontalmente.

La scala è stata ricavata empiricamente poiché l’amperometro elettromagnetico è a ferro mobile. Vedi la figura 1.Questi tipi di amperometri si basano sul potere succhiante dei solenoidi (si consiglia il visitatore di vedere il relativo apparecchio presente nel sito, scrivendo: “solenoide” su Cerca), cioè sulle forze attrattive che il campo creato dalla bobina percorsa da corrente esercita su un piccolo oggetto di ferro dolce. Sagomando per tentativi questo oggetto si riesce ad ottenere una scala di lettura accettabilmente uniforme, almeno nella parte centrale.
Si comprende dunque che lo strumento è costituito da una bobina fissa percorsa da corrente e da un nucleo di ferro dolce fissato all’asse di rotazione che porta sia le molle per creare la coppia antagonista sia l’indice.
Nel caso di questo amperometro funzionante in corrente alternata, la coppia motrice varia teoricamente come i quadrati dei valori istantanei, e poiché alle frequenze dell’ordine dei 50 Hz l’equipaggio mobile non può seguire queste rapide variazioni, esso raggiunge una posizione di equilibrio che dipende dalla media dei quadrati dei valori istantanei. In definitiva la posizione dell’ago dipende dal valore efficace della corrente.
Bibliografia: L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pp. 133-135, da cui è tratta la fig. 1.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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